Forze di Polizia: come fare per sapere se nella banca dati ci sono dati che ci riguardano

Forze di Polizia: come fare per sapere se nella banca dati ci sono dati che ci riguardano

Per accedere alla banca dati occorre fare domanda al Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Anche la Polizia di Stato ha una banca dati che contiene tutte le informazioni acquisite dalle Forze di Polizia nel corso di attività amministrative, di prevenzione o repressione dei reati. Tale sistema è denominato CED -SDI (Sistema Informatico Interforze).

Consultando il CED è possibile reperire in tempi brevissimi le informazioni che servono anche per le Forze di Polizia che non le hanno originate.

Infatti, grazie alla Legge n. 121 del 1981, questa obbliga tutto il personale della Polizia a far confluire nel CED, in tempi rapidi e in forma sintetica, qualsiasi tipo di informazione su ogni fenomeno censito dalle Forze di Polizia stessa: ossia tanto le notizie relative ad attività di vigilanza e controllo (su strade, mari, locali, bar, esercizi pubblici, ecc.), tanto quelle risultanti da sentenze o procedimenti giudiziari, tanto quelle desunte da atti di polizia giudiziaria svolte a iniziativa o in esecuzioni di ordini del tribunale o della Procura della Repubblica. Si pensi, ad esempio, a un arresto in flagranza.

Banca dati Polizia di Stato: cos’è il CED

L’art. 8 della Legge n. 21 del 1° aprile 1981 istituisce il CED (Centro Elaborazione Dati) al fine di coordinare la raccolta, classificazione, analisi e valutazione delle informazioni in materia di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità (art. 1, comma 1. Del decreto legislativo n.51 del 2018).

Con particolare attenzione al trattamento dei dati personali, come previsto dalla Direttiva UE 2016/680. Il titolare del trattamento è il Dipartimento della Pubblica Sicurezza che, mediante i dati personali e le informazioni raccolte nel CED, può attuare le direttive impartite dal Ministro dell’Interno ed espletare i propri compiti istituzionali in materia di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità.

Banca dati Polizia di Stato: chi può prenderne visione

L’accesso alla banca dati della Polizia è consentito solo a:

  • Ufficiali di Polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza;
  • Funzionari dei servizi per le informazioni e la sicurezza;
  • Agenti di Polizia giudiziaria autorizzati.

Mentre, se le informazioni riguardano un procedimento penale, segreto o segretato, possono visionarle solo gli ufficiali di Polizia giudiziaria assegnati ai “Servizi” di:

  • Polizia giudiziaria;
  • DIA (Dipartimento Investigativo Antimafia);
  • Direzione centrale per i servizi antidroga;
  • Uffici centrali della Polizia di Stato;
  • Al personale dell’Arma dei Carabinieri deputato al contrasto del terrorismo.

I comuni cittadini non possono accedervi.

Banca dati Polizia di Stato: chi ha diritto all’accesso

Ogni cittadino ha la possibilità di sapere se il proprio nominativo è segnalato nella banca dati della Polizia, purché l’accesso sia solo per informazioni relative alla propria persona e non riferito a terzi.

Chiunque venga a conoscenza dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, trattati anche in forma non automatizzata in violazione di disposizioni di legge o di regolamento, può chiedere al tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento di compiere gli accertamenti necessari e di ordinare la rettifica, l’integrazione, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei dati medesimi. Ed occorre rivolgersi al tribunale civile di Roma dove ha sede il Dipartimento della P.S., titolare del trattamento.

Inoltre, al richiedente non saranno comunicati dati che potrebbero pregiudicare operazioni a tutela dell’ordine e sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità. Della mancata comunicazione viene informato il Garante privacy. richiesta di cancellazione o trasformazione in forma anonima dei dati personali trattati nel CED del Dipartimento P.S può essere valutata solo se i dati sono trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o regolamento.

Il Garante per la protezione dei dati personali, quale Autorità nazionale di controllo del Centro Elaborazione Dati, esercita il relativo controllo sul trattamento dei dati personali.

Banca dati Polizia di Stato: come presentare la domanda

Il diretto interessato dovrà presentare un’apposita richiesta compilando i moduli (modulo 1.a, modulo 2.a e modulo 1.b).

Una volta compilati i moduli, firmati e datati, bisogna inviarli, insieme alla copia del documento d’identità (carta d’identità, passaporto o patente), tramite:

  • Posta (non necessariamente raccomandata) da spedire a: Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale della Polizia Criminale - Via Torre di Mezzavia, 9 - 00173 Roma;
  • Posta Elettronica Certificata (PEC) all’indirizzo: dipps.dcpcufficiocontenzioso@pecps.interno.it;
  • Presentando manualmente la domanda presso gli uffici territoriali delle forze di polizia. Questi provvederanno a trasmettere la richiesta alla Direzione centrale della polizia criminale.

É opportuno che i documenti inviati siano pienamente leggibili e contengano un idoneo recapito del richiedente (postale o PEC) dove l’interessato possa agevolmente ricevere la risposta.

Se la richiesta di accesso proviene da un cittadino con meno di 18 anni, la domanda deve essere firmata dai genitori o dal tutore nominato dal tribunale.

La risposta arriva entro 30 giorni dalla richiesta. Nel caso in cui alla richiesta non fosse fornita una risposta ritenuta soddisfacente, l’interessato può proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali, al seguente indirizzo: Garante per la protezione dei dati personali - Piazza Venezia n. 11- 00187 Roma (Tel.: (+39) 06.696771- Fax: (+39) 06.69677.3785 - Mail: garante@gpdp.it).

Inoltre, il Responsabile della protezione dei dati è contattabile al seguente indirizzo PEC: dpo.ced@pecps.interno.it. Tra i numeri utili segnaliamo il servizio di call center banca dati delle Forze di polizia: 06.465.42160 (orari di servizio lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00, esclusi i festivi.

Banca dati Polizia di Stato: quanto si conservano i dati personali

I dati della persona sottoposta a indagini penali, anche in caso di accertamento dell’estraneità ai fatti, restano nella banca dati della polizia per venti anni dalla data di archiviazione. Trascorsi dieci anni, poi, tali informazioni restano visibili ai soli operatori interessati.

Questa è la lettura fornita dalla Cassazione al decreto del Presidente della Repubblica 15/2018, decreto con cui sono stati attuati i principi del codice della privacy relativi al trattamento effettuato per ragioni di polizia.

Banca dati Polizia di Stato: cosa si può richiedere

Il cittadino può anche inoltrare richieste per:

  • Aggiornamento dei propri dati per fatti penalmente rilevanti fatti in età minorile: inviare sempre copia conforme della documentazione che legittima l’aggiornamento;
  • Estinzione del reato: se tra le informazioni in banca dati risultano sentenze di condanna passate in giudicato in riferimento alle quali sia intervenuta una causa di estinzione del reato, si suggerisce di inviare copia della dichiarazione emessa dal Giudice dell’Esecuzione;
  • Riabilitazione: se tra le informazioni in banca dati è riportata una condanna penale cui abbia fatto seguito la concessione della riabilitazione ai sensi dell’art. 178 c.p. si suggerisce di produrre copia della relativa ordinanza;
  • Revoca della sentenza o del decreto di condanna: in caso di condanne pronunciate a fronte di norme successivamente depenalizzate, abrogate o sottoposte ad annullamento da parte della Corte costituzionale, si può inviare copia del provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto penale di condanna dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato;
  • Revoca di misure di carattere amministrativo: in caso di condanne pronunciate a fronte di norme successivamente depenalizzate, abrogate o sottoposte ad annullamento da parte della Corte costituzionale, si può inviare copia del provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto penale di condanna dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato.

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